LIBRI DIVERTENTI / SCRITTORI UMORISTICI
Umorismo e Libri divertenti dal XX Secolo: AUTORI UMORISTICI E SATIRA CONTEMPORANEA
Philip Roth, Duff e Meneghello, ma anche Pynchon, Wallace e Beatty. Una retrospettiva per conoscere autori noti e insospettabili, maestri del comico e dell’umorismo contemporaneo; un elenco di libri da leggere assolutamente nella vita.
29 AUTORI UMORISTICI CONTEMPORANEI (in questa pagina): Gibbons / Waugh / Warren / Guareschi / Wilson / Lewis / Vonnegut / Meneghello / Durrell / Heller / Fo / Richler / Villaggio / Roth / Allen / Tootle / Pynchon / Paasilinna / Ovadia / Lewycka / Benni / Pratchett / Adams / Moore / Bergonzoni / Wallace / Beatty / Auslander / Righele
13 AUTORI UMORISTICI DEL IX SECOLO (Visita la pagina dedicata): Gogol’ / Dickens / Twain / Wilde / Shaw / Jerome / Čechov / Pirandello / Hašek / Savinio / Duff / Huxley / Campanile
12 AUTORI UMORISTICI CLASSICI E MODERNI (Visita la pagina dedicata): Boccaccio / Chaucer / Macchiavelli / Rebelais / Croce / Tassoni / Moliére / Wilmot / Swift / Montesquieu / Voltaire / Goldoni / Alfieri
9 AUTORI UMORISTICI DELL’ANTICHITÀ (Visita la pagina dedicata): Omero / Aristofane / Menandro / Nevio / Plauto / Orazio / Petronio / Giovenale / Apuleio
Una selezione
affatto seria di libri divertenti
di Manuel Righele
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Libri da leggere, autori satirici e umoristici dal XX secolo ai giorni nostri
INDICE DEGLI AUTORI
Stella Gibbons (1902 – 1989, Inghilterra)
Evelyn Waugh (1903 – 1966, Inghilterra)
Robert Penn Warren (1905 – 1989, USA)
Giovannino Guareschi (1908 – 1968, Italia)
Angus Wilson (1913 – 1991, Inghilterra)
Roy Lewis (1913 – 1996, Inghilterra)
Kurt Vonnegut (1922 – 2007, USA)
Luigi Meneghello (1922 – 2007, Italia)
Gerald Durrell (1925 – 1995, Inghilterra)
Joseph Heller, (1923 – 1999, USA)
Dario Fo (1926 – 2016, Italia PREMIO NOBEL)
Mordecai Richler (1931 – 2001, Canada)
Paolo Villaggio (1932 – 2017, Italia)
Philip Roth (1933 – 2018, USA)
Woody Allen (1935, USA)
John Kennedy Toole (1937, USA)
Thomas Pynchon (1937, USA)
Arto Tapio Paasilinna (1942 – 2018, Finlandia)
Moni Ovadia (1946, Bulgaria/Italia)
Marina Lewycka (1946, Ucraina/Inghilterra)
Stefano ‘il lupo’ Benni (1947, Italia)
Terry Pratchett (1948 – 2015, Inghilterra)
Douglas Adams (1952 – 2001, Inghilterra)
Christopher Moore (1957, USA)
Alessandro Bergonzoni (1958, Italia)
David Foster Wallace (1962 – 2008, USA)
Paul Beatty (1962, USA)
Shalom Auslander (1970, USA)
Manuel Righele (1974, Italia)
Stella Gibbons (Londra, 5 gennaio 1902 – 19 dicembre 1989) | Inglese | La fattoria delle magre consolazioni (Romanzo parodico)
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Stella Gibbons, La fattoria delle magre consolazioni, Astoria, 2010, pp. 296, EAN: 9788896919002
Evelyn Waugh (Londra, 28 ottobre 1903 – Taunton, 10 aprile 1966) | Inglese | L’inviato speciale (Scoop) (Romanzi satirici)
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L’inviato speciale (Scoop: a novel about journalists) di Evelyn Waugh è un testo satirico sulla stampa – il cosiddetto “quarto potere” – ne demistifica la retorica, svelando quel che ne rimane una volta tolta la patinata immagine che dà di sé e del proprio ruolo. Waugh sciorina le pratiche meschine del giornalismo, i legami collusi, gli scopi tutt’altro che orientati alla verità, ne denuncia la deriva, che porta questa istituzione lontano da quella che era la sua funzione originaria, quando comparve sulla scena della storia insieme ai Cafè, con l’affermarsi di una sfera pubblica che aveva bisogno di uno strumento per il dog watching (un cane da guardia che vigilasse sull’esercizio del potere e informasse la borghesia).
La storia narrata da Waugh si basa su uno scambio di persona (una delle tecniche umoristiche a cui ricorreva Plauto): al posto del brillante e giovane scrittore John Boot, un quotidiano manda per errore a Ismaelia, un turbolento stato dell’Africa subsahariana dov’è in atto una crisi politica, William Boot, columnist di insulsi articoli di costume. Arrivato in Africa, Boot si troverà circondato dai migliori reporter di tutto il mondo. Poiché non accade niente di eclatante, ha inizio una gara a chi la spara più grossa, che porterà a un colpo di scena imprevisto.
Prosa raffinata, humour pungente e dialoghi brillanti sono gli ingredienti di questo libro, scritto nel 1938, prima della conversione di Waugh al Cattolicesimo, che in parte ne cambierà l’inclinazione di scrittore satirico. Potrebbe sembrare un testo superato, ma nonostante i cambiamenti intervenuti, la sua forza e il suo portato di critica morale sono attuali. La comparsa dell’editoria digitale e, in seguito, quella dei social network, hanno portato al parossismo il mondo dell’informazione, le dinamiche cortocircuitali dei vari canali, la distribuzione orizzontale del potere di persuasione, le regole e i criteri del newsmaking.
Un tempo il controllo della comunicazione era in mano a pochi network che diffondevano a molti destinatari (broadcasting). Con il venir meno delle barriere di accesso al mercato dell’informazione (oggi non serve acquistare una rotativa per stampare giornali, né costose telecamere e antenne per trasmettere, basta uno smartphone e una connessione) la tecnologia ha avuto il sopravvento sulla competenza, così i problemi
- (1) dell’accesso all’informazione e
- (2) della censura
si sono trasformati in problemi di
- (1A) capacità di comprensione dei contenuti, dei nessi e del rapporto che intercorre tra essi e
- (2A) capacità di filtrare e selezionare le fonti attendibili da quelle che producono fake news con lo scopo di influenzare l’opinione pubblica e indirizzarne i comportamenti.
Nonostante questi mutamenti, L’inviato speciale è un libro divertente, pieno di sagacia e costruito con eleganza narrativa.
Evelyn Waugh, L’inviato speciale, Guanda, 2003, pp. 242, EAN: 9788882464820
Tematiche: sensazionalismo, propaganda, news making, comunicazione di massa, stampa, opinione pubblica, satire di costume
Approfondimenti: Nell’inserto Diario, di La Repubblica, dell’11 febbraio 2004, descrive in poche pagine il mestiere del giornalista e, tra i libri citati, compare anche L’inviato speciale (Scoop) di Evelyn Waugh. Sul tema del giornalismo sono certamente interessanti Walter Lippmann, L’opinione pubblica, Donzelli (2004); Jürgen Habermas, Storia e critica dell’opinione pubblica, Laterza (2005) i capitoli sull’agenda setting, i gatekeepers, la distorsione involontaria e il newsmaking in Mauro Wolf, Teorie delle comunicazioni di massa, Bompiani (1997)
Giornalismo e narrativa: due dei migliori esempi in cui un’inchiesta giornalistica si trasforma in un romanzo sono i libri di Truman Capote, A sangue freddo, Garzanti (2020) e di Emanuel Carrere, L’avversario, Adelphi (2012)
Robert Penn Warren (Guthrie, 24 aprile 1905 – Stratton, 15 settembre 1989) | Inglese | Tutti gli uomini del re (Satira politica e di costume)
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Robert Penn Warren è stato un poeta, romanziere e critico letterario americano. Noto per la sua poesia e i suoi romanzi, con il suo lavoro esplorò soprattutto le zone grigie dove la morale personale incontra quella pubblica, nella storia e nelle questioni sociali. È stato premiato con il Premio Pulitzer per la Poesia (due volte nel 1958 e nel 1979) e con il Premio Pulitzer per la Narrativa nel 1947 per il suo romanzo Tutti gli uomini del re. Warren è l’unico scrittore ad aver vinto il Premio Pulitzer sia per la Poesia che per la Narrativa.
Oltre al suo lavoro letterario, Warren è stato anche un accademico di spicco e ha insegnato presso diverse università durante la sua carriera. Alcune delle università dove insegnò sono la Vanderbilt University, l’Università del Minnesota, Yale e l’Università del Michigan.
Anche se Robert Penn Warren non è principalmente conosciuto come autore umoristico, la sua presenza in questa pagina è giustificata dalla portata satirica dei suoi componimenti. Vi è una raffinata capacità di creare contrasti vividi, con una delicatezza che non assolve la crudeltà dello spirito umano, ma ne esalta la debolezza, con un sapiente alternarsi di lirismo dei sentimenti e potenza dell’analisi della meschinità dei personaggi. Non a caso è considerato una delle figure letterarie americane più importanti del XX secolo.
Il fatto che il protagonista di questo romanzo sia entrato nella memoria letteraria collettiva insieme al capitano Achab, Huckleberry Finn, Jay Gatsby, Holden Caulfield, Harry “Rabbit” Angstrom e pochi altri testimonia il valore eterno di Tutti gli uomini del re.
Joyce Carol Oates
Robert Penn Warren, Tutti gli uomini del re, Feltrinelli, 2014, pp. 570, EAN: 9788807041068
Considerato un classico della letteratura americana, come ricorda il risvolto di copertina dell’edizione Feltrinelli, Tutti gli uomini del re è, infatti, un «Affresco storico e metafora sociale, caratterizzato da temi universali come lo scontro di classe, la perita dell’innocenza e la disillusione ideologica». È un’opera di finzione che esplora temi come il potere, la corruzione e la relazione tra individui e società. Prima della pubblicazione del libro, che gli valse il Premio Pulitzer, Warren occasionalmente aveva già usato elementi satirici nella sua scrittura, soprattutto nella sua poesia giovanile.
Theodore Murrell dormiva con lei, russando con un leggero sibilo adenoideo sotto gli impeccabili baffi biondi. Avrebbero dovuto togliere le adenoidi a Theodore da bambino, poi metterle in un barattolo di formaldeide sopra il pianoforte e gettare ai cani quel che restava di Theodore Murrell.
Robert Penn Warren, Tutti gli uomini del re, Feltrinelli 2014, p.58
Dal brecciolino di Mason City al calcestruzzo dei palazzi, Warren ci guida, attraverso la narrazione a volte sarcastica, a volte introspettiva di Jack Burden, lungo la strada lastricata di compromessi e bugie, dolori e speranze, ricatti e intimidazioni, che percorre Willie Talos, dalla fattoria del padre fino al culmine del potere.
Tematiche: corruzione politica, clientelismo, propaganda, comunicazione di massa, stampa, opinione pubblica, satira
Approfondimenti: Vi sono due trasposizioni cinematografiche del libro di Warren. La prima pellicola fu diretta da Robert Rossen nel 1949. La seconda, Tutti gli uomini del re (All the King’s Men) del 2006 fu un remake diretto da Steven Zaillian e ha visto la partecipazione di un cast stellare tra cui Sean Penn (Willie Stark), Jude Law (Jack Burden), Anthony Hopkins (Giudice Irwin), Kate Winslet (Anne Stanton), Mark Ruffalo (Adam Stanton) e James Gandolfini (Tiny Duffy). Il film del 2006 fu un fiasco con perdite che superarono l’80% del budget. La rivista Forbes (fonte: Wikipedia) lo ha nominato il più clamoroso insuccesso del quinquennio 2005-2010.
Giovannino Guareschi (Fontanelle di Roccabianca, 1 maggio 1908 – Cervia, 22 luglio 1968) | Italiano | Mondo Piccolo. Don Camillo (Raccolta di racconti umoristici, satira politica e di costume)
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Giovannino Guareschi è uno degli scrittori italiani più venduti al mondo (Beatrice Mantovani riferisce persino di un episodio di plagio avvenuto in Vietnam). Il suo incontro con Cesare Zavattini, che lo chiamò prima al Corriere Emiliano come correttore di bozze e poi alla redazione del quindicinale di satira Bertoldo (pubblicato da Rizzoli dal 1936 al 1943), lanciò Guareschi come illustratore e autore umoristico. Gli anni erano quelli del fascismo e la rivista aveva come bersaglio di satira le classi altoborghesi, ma non fu questa l’origine dei suoi guai, quanto il suo irrefrenabile desiderio di ribellione. In un’occasione rischiò di essere passato per le armi, avendo inveito contro Mussolini e quando, l’8 settembre 1943, Badoglio siglò l’armistizio, si rifiutò di combattere per la Repubblica di Salò, così venne internato nei campi di prigionia tedeschi e rimase due anni a Sandbostel.
Rientrato in Italia, fondò con Giovanni Mosca e Giacinto “Giaci” Mondiani il Candido, una rivista di satira con orientamento monarchico. Proprio questo orientamento, sostenuto da una radicata fede cattolica e da un insolente anticomunismo, caratterizzò il suo lavoro da vignettista che lo rese uno dei più mordaci detrattori del Partito Comunista Italiano. Celebre la polemica con Palmiro Togliatti, che rappresentò con tre narici (i trinarciuti fu una serie di caricature dove gli esponenti dal PCI venivano raffigurati con una terza narice che aveva la duplice funzione nei comunisti di evacuare il cervello e ricevere le direttive del partito) scatenando un’aspra reazione di questi che, durante un comizio a La Spezia, definì Guareschi «l’uomo più cretino del mondo», al che Guareschi rispose di ritenerlo «un ambito riconoscimento». Fu Guareschi, nella storica campagna elettorale del 1948, a coniare lo slogan «Nel segreto della cabina elettorale Dio ti vede, Stalin no».
La debacle del Fronte Democratico Popolare, formato dalla coalizione PCI e PSI, che si fermò al 30%, non lo resero meno vigile e, da polemista e cattolico qual era, criticò anche la Democrazia Cristiana, colpevole di essere lontana dai principi a cui si ispirava. Così nel 1950, grazie a una vignetta intitolata Al Quirinale che prendeva di mira il Presidente della Repubblica Luigi Einaudi, fu il primo Italiano ad essere condannato per vilipendio al Capo dello Stato. Quattro anni dopo, un aspro processo per diffamazione intentatogli da Alcide De Gasperi gli costò 409 giorni di carcere, che scontò rifiutandosi di chiedere la grazia. Dalla nascita della Repubblica, Guareschi fu così il primo e unico giornalista italiano a scontare per intero un pena detentiva per diffamazione a mezzo stampa.
L’origine della vicenda è la pubblicazione sul Candido da parte di Guareschi – che era stato dissuaso dal farlo anche da Indro Montanelli – di due missive ricevute da una fonte e rivelatesi poi dei falsi, in cui De Gasperi chiedeva al comandante delle forze alleate in Italia, il generale Harold Alexander, di bombardare Roma. La perizia calligrafica fatta eseguire da Guareschi prima della loro pubblicazione, in cui si davano le lettere come autentiche, non fu ammessa come prova della sua buona fede e perse il processo.
«Nel segreto della cabina elettorale Dio ti vede, Stalin no».
Guareschi, Manifesto per la campagna elettorale DC (18 aprile 1948)
Giovannino Guareschi, Don Camillo, Rizzoli BUR Contemporanea, 2017, pp. 291 EAN: 9788817098304
Gli episodi che hanno per protagonisti Don Camillo e Peppone vengono pubblicati a partire dal 28 dicembre 1946 sul Candido.. La guerra è finita da poco, la Repubblica è nata dal referendum che per la prima volta ha visto il suffragio universale in Italia ed Enrico De Nicola è da sei mesi esatti il Capo di stato provvisorio.
Nel 1948 saranno raccolti in Mondo piccolo. Don Camillo, il primo di altri libri divertenti. Le scaramucce tra il focoso curato di campagna e il compagno comunista, sindaco e meccanico tutto d’un pezzo si svolgono a Ponteratto, comune della Bassa emiliana (il nome compare solo nel primo racconto e nelle trasposizioni cinematografiche diventerà il paese di Brescello, dove furono girati i film). La tensione tra le sfere di influenza occidentale e sovietica trova nell’Italia del dopoguerra un fertile terreno di contesa, così nel paese sulle sponde del fiume Po, irrompe, nella sua minuta dimensione rurale, lo scontro tra le grandi ideologie che disegneranno il XX secolo.
Si misurano, così, da un lato il messaggio di un Vangelo reinterpretato da un prete pragmatico (che sembra erede del socialismo utopico di Henri de Saint-Simon), dall’altro il comunismo dell’Internazionale, intruppato e ingenuo, che gli oppone il sindaco di una zona che storicamente è nell’espressione di voto orientata a sinistra.
I valori comuni vengono così rivendicati come prerogativa esclusiva di ciascuna parte creando delle coppie comiche (solidarietà / lotta di classe; liturgia religiosa / cerimonie pubbliche; carità cristiana / sussidi alla povertà; oratorio / casa del popolo, ecc.); allo stesso modo i delicati equilibri internazionali sono vissuti e messi a repentaglio in situazioni quotidiane che diventano in tal modo paradossali e comiche: Peppone vuol battezzare il figlio “Lenin” e Don Camillo si oppone, fin quando, dopo una scazzottata, arrivano al compromesso di battezzarlo “Libero Camillo Lenin”; Don Camillo in un agguato notturno viene colpito da una bastonata, quando viene a scoprire in confessionale da Peppone che il reo è proprio il sindaco, mentre questi recita la sua penitenza inginocchiato, gli appioppa un calcione nel sedere; i guitti di Peppone imbrattano i muri della canonica e Don Camillo, per aver reagito vuotando il barattolo di colore in testa al sindaco, viene allontanato dalla parrocchia dal Vescovo, e mentre è in viaggio sul treno, a tutte le stazioni c’è ad attenderlo la banda comunista del paese che lo sfotte, salvo poi essere rimpianto da Peppone che lo rivorrà al paese.
Molti degli episodi narrati furono ispirati a Guareschi da fatti di cronaca e la sua abilità fu quella di far emergere un sentimento popolare autentico, un atteggiamento di persone semplici che si prendono troppo sul serio, senza comprendere pienamente il gioco in cui sono coinvolte. Un’Italia operosa, credulona e “per bene”, associativa e competitiva viene mostrata nelle sue contraddizioni con ironia priva di condanne se non per i potenti.
Un articolo di Tortuga Magazine
Nel 1950 il critico letterario Robert Knittel commentando la pubblicazione di Don Camillo sul supplemento letterario del New York Times scrisse: «Guareschi ha compiuto un’impresa considerevole, riuscendo a scrivere un libro soffuso di squisito umorismo, con una penna imbevuta di calda e tollerante umanità su uno dei più complicati problemi che il mondo moderno deve risolvere: “il contrasto tra i princìpi del cristianesimo e i dogmi del totalitarismo comunista”» preconizzando un grande successo del libro e rilevando che la sua morale «è spiccatamente evangelica, in quanto afferma che nessun uomo può giudicare le azioni altrui senza aver prima esaminato le proprie».
(Fonte: Tortuga Magazine)
Tematiche: comunismo, guerra fredda, cattolicesimo, religione, politica, mondo rurale, costume
Archivio: negli Historical Archives of the European Union, è possibile consultare su richiesta alcuni dei documenti del processo intentato da De Gasperi ai danni di Guareschi e il Candido comprese le false lettere. Su Linkiesta c’è un’avvincente sintesi curata da Dario Mazzocchi.
Angus Wilson (Bexhill-on-Sea, 11 agosto 1913 – Bury St Edmunds, 31 maggio 1991) | Inglese | Prima che sia tardi (Romanzo umoristico)
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Angus Wilson, Prima che sia tardi, Garzanti, 1995, pp. 542, EAN: 9788811668886
Roy Lewis (Felixtowe, 6 novembre 1913 – 9 ottobre 1996) | Inglese | Il più grande uomo scimmia del pleistocene (Romanzo umoristico)
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Roy Lewis si laureò in economia, ma quando accettò il suo primo incarico in una casa editrice, archiviò la pratica e si dedicò alla scrittura. Lavorò come giornalista per il Times e scrisse opere di narrativa. Dal risvolto di copertina del suo più celebre romanzo, Il più grande uomo scimmia del Pleistocene, apprendiamo che il libro che abbiamo fra le mani «(…) è uno dei più divertenti degli ultimi cinquecentomila anni». A dichiararlo, con il suo consueto umorismo è Terry Pratchett. Il narratore di questa storia è Ernest, che ci introduce alla sua ingegnosa famiglia, con il padre Edward, pioniere e innovatore, sempre a sperimentare con il suo partner in crime Wilbur; l’irriducibie zio Vania, che ostinato reazionario vuole tornare a vivere sugli alberi; il viaggiatore incallito zio Ian e molti altri personaggi femminili che leniscono le ferite e riportano un pragmatico equilibrio nella tribù. Il più grande uomo scimmia del Pleistocene è ormai tra i libri classici da leggere.
Roy Lewis, Il più grande uomo scimmia del Pleistocene, Adelphi, 1992, pp. 178, EAN: 9788845908804
«Ce l’abbiamo fatta!» gridava e saltava con gioia incontenibile. «Evviva! Evviva! Ce l’abbimo fatta!»
Roy Lewis, Il più grande uomo scimmia del pleistocene, Adelphi, 1992, p. 139)
«A far che cosa?» invocarono tutti.
Io, con voce rassegnata gli chiesi: «Che cosa avete combinato stavolta?»
«Venite a vedere» gridò papà (…)
Lo seguimmo nella macchia per parecchi chilometri, poi salimmo in cima a una collina.
«Guardate!» ci invitò papà con fare melodrammatico.
Ai piedi della collina si alzava una lunga colonna di fumo, e si sentiva anche un violento crepitio.
«Un altro fuoco» dicemmo.
«L’abbiamo fatto noi» disse papà, che scoppiava d’orgolgio.
Tematiche: evoluzione sociale, innovazione, restaurazione, tradizione, cambiamento, relazioni familiari
Kurt Vonnegut (Indianapolis, 11 novembre 1922 – New York, 11 aprile 2007) | Inglese | La colazione dei campioni, ovvero Addio triste lunedì (Romanzo satirico, Humor nero)
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Kurt Vonnegut, La colazione dei campioni; ovvero addio triste lunedì (con illustrazioni dell’autore), Bompiani, 2020, pp. 304, EAN: 9788830103757
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Kilgore Trout, squattrinato autore di fantascienza, destinato all’oblio, viene invitato a parlare del suo ultimo libro ad un festival letterario dal suo unico ammiratore: un miliardario..
Joseph Heller (New York, 1º maggio 1923 – New York, 12 dicembre 1999) | Inglese | Comma 22 (Umorismo sulla guerra)
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Joseph Heller, Comma 22, Bompiani, 2019, pp. 576, EAN: 9788830101470
Luigi Meneghello (Malo, 16 febbraio 1922 – Thiene, 26 giugno 2007) | Italiano e Veneto | Libera nos a malo (Umorismo antropologico)
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Luigi Meneghello, Libera nos a malo, Rizzoli, 2016, pp. 323, EAN: 9788817009652
Di Libera Nos a Malo si è scritto molto, si sono pronunciati i dogmi d’una tensione tra carnevalesco e cronaca. Molti ravvisano nell’ironia che lo attraversa l’influenza degli anni che Meneghello ha trascorso all’Università di Reading (UK). Ernestina Pellegrini descrive il libro come un esorcismo, un tributo escatologico per un mondo a forma di dialetto. Domenico Porzio ha parlato di requiem.
Eppure la preghiera è un’altra e Dio è in dialetto, un sentimento, un personaggio del paese, come lo ricorda Meneghello.
Qui in paese quando ero bambino c’era un Dio che abitava in chiesa, negli spazi immensi, sopra l’altar maggiore (…). Era vecchio ma molto in gamba; era incredibilmente perspicace e per questo lo chiamavano onnisciente, infatti sapeva tutto e, peggio, vedeva tutto. Era anche onnipotente, ma non in modo assoluto: se no sarebbe andato in giro con un paio di forbici a tagliare il ciccio a tutti i bambini che facevano le brutte cose. I piccoli adopratori del ciccio erano suoi mortali nemici, e potendo li avrebbe puniti senz’altro così, ma grazie a Dio non poteva.
Luigi Meneghello, Libera nos a Malo, Rizzoli
Questo meraviglioso viaggio nelle mirabilia popolane, negli accostamenti esilaranti tra registri linguistici, è anche un viaggio nella parola e «la parola in dialetto è sempre incavicchiata alla realtà per la ragione che è la cosa stessa, appercepita prima che imparassimo a ragionare (…)» (Luigi Menghello, Libera nos a malo, Mondadori, 1994, p. 23).
Senza una precisa vicenda a fare da sfondo, il libro è un romanzo corale, un florilegio di aneddoti, ricordi, riflessioni, incantagioni, uno scavo archeologico nella lingua e nella cultura di una civiltà, che attraversa il ventennio fascista. Questo mondo, visto dagli occhi di un bambino e ricordato con l’intelligenza, la cultura letteraria e l’umorismo di un Meneghello linguista e direttore del Dipartimento di Italianistica all’Università di Reading, trasforma il testo in uno scoppio di gioia, di suoni, di nozioni sempre in bilico tra serio e faceto, tra commozione e autoironia. I piani di lettura del romanzo sono così sfaccettati, numerosi e compenetranti da renderlo unico nel suo genere.
Nell’anno in cui ricorre il centenario dalla nascita di Meneghello, in un reading svoltosi a Lugo di Vicenza (mercoledì 9 novembre 2022), il professor Luciano Zampese ha parlato del corpo fonico di Libera nos a malo. Ha ricordato come Italo Calvino – che avrebbe voluto pubblicare in Einaudi I piccoli Maestri, altro romanzo di Meneghello, e che quando lo chiamava al telefono esordiva scherzosamente esclamando «Viva la RAI!» – considerava il suo procedere di scrittore dando preminenza all’immaginazione (al vedere una scena), mentre Meneghello sembra prediligere il suono e il ritmo delle parole, del loro concatenarsi.
Proust sosteneva che ogni autore ha la propria voce, distinta e distinguibile rispetto a quella di ogni altro autore e, quando leggiamo i libri di quell’autore, ci troviamo a cantare la sua «canzone». Secondo Zampese, infatti, Libera nos a Malo comincia con un temporale, con Meneghello bambino, in ascolto, nella stanza buia, e termina con uno scoppio di buio. Nel mezzo c’è la meraviglia.
Tematiche: civiltà contadina, lingua, dialetto, infanzia, fascismo, vita di paese, saga familiare
Approfondimenti: Il sito web luigimeneghello.it, curato dal Comune di Malo, è un buon punto di partenza per accedere a molte risorse sullo scrittore e avere anche una panoramica di altre istituzioni e iniziative a lui dedicate. Alcuni contributi e studi di assoluto rilievo sono disponibili nel sito dell’Associazione culturale Luigi Meneghello. Infine un azzardo, ammirato e commosso di Manuel Righele, compaesano e pallido epigono – come si definisce lui – di Luigi Meneghello.
Dario Fo (Sangiano, 24 marzo 1926 – Milano, 13 ottobre 2016) | Italiano e Grammelot | Mistero buffo (Fabliaux, Giullarate, Testi satirici e Commedie)
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Dario Fo, Mistero Buffo, Guanda, 2018, pp. 422, EAN: 9788823520202
«Il premio Nobel per la letteratura viene assegnato a Dario Fo perché, insieme a Franca Rame, attrice e scrittrice, nella tradizione dei giullari medievali, dileggia il potere e restituisce la dignità agli oppressi».
L’Accademia di Svezia
Tematiche: potere, oppressori e oppressi, religione, fableaux, medioevo, racconti popolari, grottesco, giullarate
Risorse: anteprima del testo di Mistero Buffo sul sito Guanda;
Video: rappresentazione di Mistero Buffo andata in onda su RAI 2 (clicca qui), il 22 aprile 1977, per un ciclo chiamato “Il teatro di Dario Fo” (è richiesto l’accesso, ma è gratuito). In alternativa ci sono alcuni video di questo stesso spettacolo su YouTube (Uno dei video di Mistero Buffo su YouTube).
Mordecai Richler (Montréal, 27 gennaio 1931 – Montréal, 3 luglio 2001) | Inglese | La versione di Barney (Romanzo umoristico)
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Mordecai Richler, La versione di Barney, Adephi, 2000, pp. 490, EAN: 9788845915703
Paolo Villaggio (Genova, 30 dicembre 1932 – Roma, 3 luglio 2017) | Italiano | Fantozzi (Satira di costume, Humour nero e cinico)
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Patrimonio della cultura nazionalpopolare, Paolo Villaggio è stato, ed è, molto amato in patria e all’estero, soprattutto in Russia e in Ucraina, dove, per alcuni aspetti del suo humour nero è accostato a Nikolaj Vasil’evič Gogol’, e per altri aspetti, legati al grigiore del travet, del burocrate asservito al potere, dell’uomo privo di talento e sacrificato ad un destino da sottoposto, viene paragonato ad Anton Čechov.
Al cinema, in televisione, a teatro, per radio e nei libri pubblicati, la sua presenza ininterrotta dal 1968 fino agli ultimi mesi prima della dipartita, ne ha fatto inizialmente l’ultima grande maschera comica italiana, e alla fine un insolente, lucido e caustico osservatore del mutamento sociale. Sovversivo, non tollerava l’ipocrisia nelle sue manifestazioni più tipicamente italiane: il moralismo farisaico e l’arrivismo opportunista. La sua comicità era rabbiosa e cinica, il sentimento di un intellettuale amorevole e ferito, che si scaglia contro la miseria e la stupidità umane, nascondendo il dolore e la disillusione, con un lessico raffinato che fa da contrappunto alle situazioni servili e grottesche, con cui fustiga l’inconsapevole individuo subalterno che è il lato fantozziano e meschino in ognuno di noi.
«Ho detto che il papa non crede in Dio? Lo penso davvero. Su, avanti. Il papa è una persona troppo intelligente per crederci».
Dall’intervista di G. P., Villaggio: Neanche il Papa crede in Dio, la Repubblica, 24 ottobre 1994, p. 27. Fonte: Wikpedia
Tutti lo ricordano per i film, ma Paolo Villaggio è stato un innovatore della lingua: l’enfasi formale per la cronaca impietosa che si arricchisce di iperboli ed esagerazioni, il goffo tentativo di emancipazione dei personaggi, attraverso un linguaggio forbito che invece incappa negli errori del congiuntivo; la resa incondizionata e umiliante che trova un colpo di reni per la rivolta dialogica (come il celebre «Per me La corazzata Kotiomkin è una cagata pazzesca!». Il nome originale del film citato e anche quello del suo regista furono appositamente storpiati). Tralasciando i riconoscimenti cinematografici e citando solamente quelli di natura letteraria, Paolo Villaggio ha ottenuto:
- nel 2008 il Premio Flaiano per la satira
- nel 2009 il Premio Mastronardi alla carriera
- nel 2012 il Premio letterario Piero Chiara alla carriera
- nel 2012 il Premio Gogol’
Il 2 giugno 1995 è stato nominato Commendatore dell’Ordine al merito della Repubblica Italiana. Per chi volesse fare l’incontro del Ragionier Ugo Fantozzi nella sua versione letteraria, più satirica e cinica rispetto al film, può leggere i racconti che lo videro muovere i primi passi, nell’esordio narrativo di Paolo Villaggio, Fantozzi edito da Rizzoli per la prima volta nel 1971.
Paolo Villaggio, Fantozzi, Rizzoli, 2017, pp. 240, EAN: 9788817097833
Tematiche: moralismo farisaico, servilismo, sottomissione, humour nero, loose, gerarchie nel mondo del lavoro, sfruttamento, esistenzialismo, famiglia italiana, italiano medio, vizi e virtù, satira di costume
Risorse online: (1) Video di Paolo Villaggio nelle Teche RAI (2) Fantozzi su Rai Play Sound, qui sono disponibili le puntate andate in onda su Radio2 nel 1968, la prima comparsa della maschera più celebre della cultura nazionalpopolare, interpretata da Paolo Villaggio.
Philip Roth (Newark, 19 marzo 1933 – New York, 22 maggio 2018) | Inglese | Lamento di Portnoy (Romanzo satirico)
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Scrittore che ha diviso pubblico e critica, Philip Roth è stato più volte candidato al Premio Nobel, senza mai conseguirlo. È stato, però, insignito di numerosi riconoscimenti tra cui il Premio Pulitzer per la narrativa (Pastorale americana), tre PEN/Faulkner Award (Operazione Shylock: una confessione, La macchia umana e Everyman) e due National Book Award (Addio, Columbus e Il teatro di Sabbath). Il critico Harold Bloom l’ha identificato come il «culmine di un enigma irrisolto nella letteratura ebraica» (Library of America, 11 giugno 2018) evidenziando che le influenze di Kafka e Freud, saldatesi in Roth a un’educazione ebraico-statunitense, hanno generato un unicum, che nei suoi libri è amplificato dallo sguardo autobiografico. Questo impasto è spesso affidato a un personaggio che funge da suo alter ego (come ad esempio Alexander Portnoy o Nathan Zuckerman che compare in molti romanzi sia come personaggio che come narratore). In un intervista comparsa su La Repubblica, Blake Baily, il biografo ufficiale di Roth, descrive lo scrittore come «multiforme» e riflette su come la sua scrittura si sia evoluta in 55 anni di carriera: «dall’acuta satira realistica dei suoi primi lavori, alla farsa stravagante dei romanzi dell’era Portnoy all’artificio meta-immaginario della Controvita e Operazione Shylock, poi la Trilogia Americana, sostanzialmente tragica, e infine i romanzi brevi della fine della sua carriera sulla mortalità umana». (Fonte: Difendo me, la biografia e Philip Roth di Antonio Monda, La Repubblica, 24 maggio 2021)
Dopo il successo ottenuto con il suo esordio, una raccolta di racconti intitolata Addio, Columbus e cinque racconti, nel 1969 Roth fa uno sberleffo e tira un ceffone alla classe media americana, scandalizzando soprattutto la comunità ebraica. È un debordante monologo quello che affida ad Alexander Portnoy. È scurrile, libero da censure e lascia emergere la nevrosi che innerva l’educazione del ceto medio. Questa scabrosa intimità erompe da sotto un paravento d’inappuntable contegno da uomo rispettabile, in equilibrio sempre tra esilarante ed esasperante, si leggono pagine attraversate da un lirismo comico dirompente, sagace e Portnoy scende nelle torbide fecce dell’omofobia, del sesso dozzinale dove gli fa eco il turpiloquio e si spinge poi sulle cuspidi di riflessioni acuminate per l’irriverenza con cui mena sergozzoni al retaggio ebraico.
Philip Roth, Lamento di Portnoy, Einaudi, 2014, pp. 220 EAN: 9788806220037
Da un’introduzione di Claudio Gorlier, apparsa nell’edizione Bompiani del 1970, scopriamo che il Portnoy di Roth presenta delle analogie con l’Huckleberry Finn di Twain: veste i panni dell’eroe picaresco, si oppone all’educazione famigliare, contrappone ai veti «la coerente pratica di ciò che è proibito» (Claudio Gorlier, Introduzione a Philip Roth, Lamento di Portnoy, Bompiani, 1970).
Questi adorano un ebreo, lo sai Alex? Tutta la loro religione delle sette meraviglie è basata sull’adorazione di uno che ai suoi tempi era un ebreo rinomato. Eh, non lo chiami essere stupidi questo? Non lo chiami gettare il fumo negli occhi della gente? Gesù Cristo, che loro vanno in giro a dire a tutti quanti che era Dio, in verità non era altro che un ebreo! E a questo fatto, questo fatto che mi fa impazzire ogni volta che ci penso, non ci fa caso nessuno, capisci? Che lui era un ebreo, come te e come me, e che quelli hanno preso un ebreo e l’hanno trasformato in un dio dopo che quello è già morto, e poi – ed è proprio questo che ti può far uscire assolutamente pazzo – poi quegli sporchi vigliacchi si rigirano, e chi c’è per primo nella loro lista di gente da perseguitare? a chi è che non gli hanno lasciato un momento di tregua, chi è che non hanno mai finito di assassinare e di odiare per duemila anni? Gli Ebrei! (…).
Philip Roth, Lamento di Portnoy, Einaudi, 2014
Tematiche: cultura ebraica, nevrosi, incoerenza, ipocrisia, cliché e stereotipi cultural, razzismo, antisemitismo, ignoranza, pulsioni nascoste, volgarità, violenza
Woody Allen (New York, 30 novembre, 1935) | Inglese | Rivincite / Senza Piume / Effetti collaterali (Romanzi satirici)
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Woody Allen, Rivincite / Senza Piume / Effetti collaterali, Bompiani, 2004, pp. 425, EAN: 9788845233074
John Kennedy Toole (New Orleans, 17 dicembre 1937 – 26 marzo 1969) | Inglese | Una banda di idioti (Romanzo tragicomico)
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John Kennedy Toole, Una banda di idioti, Marcos y Marcos, 2021, pp. 464, EAN:
9788892940222
Thomas Pynchon (Glen Cove, 8 maggio 1937) | Inglese | V. (Romanzo satirico, Umorismo nero)
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Thomas Pynchon, V., Einaudi, 2017, pp. 635, EAN:
9788806229337
Arto Tapio Paasilinna (Kittilä, 20 aprile 1942 – Espoo, 15 ottobre 2018) | Finlandese | Lo smemorato di Tapiola (Romanzo umoristico)
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Arto Paasilinna, Lo smemorato di Tapiola, Iperborea, 2001, pp. 240, EAN: 9788870910988
Moni Ovadia(Plovdiv, 16 aprile 1946) | Italiano / Yiddish | Oylem Goylem (Witz, Umorismo Yiddish)
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Moni Ovadia, Oylem Goylem, Einaudi 2005, pp. 100, EAN: 9788806179205
Oylem Goylem significa «Il mondo è scemo» in lingua Yiddish)
Un rabbino di lunga esperienza già avanti negli anni sentì un giorno l’impellente bisogno di rivolgersi al proprio vecchissimo padre, anch’egli rabbino, per chiedergli consiglio: «Padre, la folla dei postulanti è enorme, le loro richieste sempre più pressanti, sento di remare controcorrente, padre, che devo fare?»
Moni Ovadia, L’ebreo che ride – L’umorismo ebraico in otto lezioni e duecento storielle, Einaudi 1998, p.55
Il vecchio padre considerò con pensosa benevolenza l’afflizione del figlio, poi, a mezza voce, gli suggerì: «Quando i postulanti vengono da te, se sono poveri presta loro del denaro, non li vedrai più. Se sono ricchi chiedi loro in prestito del denaro, anch’essi non li vedrai più».
Risorse video: Canale YouTube di Moni Ovadia
Altre risorse web: sito ufficiale di Moni Ovadia
Marina Lewycka (Kiel, 12 ottobre 1946) | Italiano | Breve storia dei trattori in Ucraina (Romanzo umoristico)
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Marina Lewycka, Breve storia dei trattori in Ucraina, Astoria, 2022, pp. 320, EAN: 9788833211428
Stefano ‘il lupo‘ Benni (Bologna, 12 agosto 1947) | Italiano | Terra! (Fantascienza umoristica, Romanzo parodico)
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Eccentrico, poliedrico, tradotto in più di trenta lingue nel mondo. La sua penna ha vergato di tutto, dagli inserti sulla rivista Mago dove l’hanno scovato Fruttero e Lucentini alle colonne di Il Manifesto, dalle battute di Beppe Grillo, agli editoriali per L’Espresso, Linus e Panorama, da articoli per i giornali di satira Cuore e Tango, fino ai recenti racconti inediti tradotti in arabo e pubblicati sulla rivista Al Doha. Autore televisivo, ha realizzato anche sceneggiature per il cinema che hanno coinvolto artisti del calibro di Dario Fo, Paolo Rossi e Fabrizio De André, ma è amato soprattutto come autore dei suoi celebri romanzi e antologie racconti pubblicati per Mondadori e Feltrinelli.
Il suo stile composito non si confina, né autocelebra, ma esplora, sperimenta, gioca con la semantica e con le parole, con i loro significati rappresi, creando immagini e reazioni paradossali, a volte con intenti parodici. L’imaginazione di Benni non ha eguali e non ha età, capace di spaziare dalle distopie post apocalittiche ai libri per bambini. È noto per l’amicizia che lo lega a Daniel Pennac e per aver rifiutato nel 2015 il premio Vittorio de Sica, in segno di protesta contro i tagli dei finanziamenti pubblici destinati alle attività culturali.
Stefano Benni, Terra!,
Feltrinelli, 2013, pp.320
EAN: 9788807882234
La prima opera a cui Stefano Benni mette mano, durante il servizio militare nei Lupi di Toscana, è la raccolta di racconti Bar Sport (1976), mentre il suo romanzo d’esordio è Terra! (1983). Nel panorama letterario italiano, è uno dei rari esempi di romanzo di fantascienza umoristica, genere di cui il più fulgido precedente è Guida galattica per autostoppisti di Douglas Adams (peraltro pubblicato solo quattro anni prima). La struttura è circolare, lo scenario postapocalittico è frutto di un’immaginazione che parte dall’osservazione dissacrante dell’attualità. S’intuiscono riferimenti alla Guerra Fredda, alla crisi climatica, all’allargamento della Comunità Europea, alla crisi petrolifera del 1979. Il rimpasto di elementi della cultura di massa (l’avvento dei computer, il viaggio nel tempo, le culture precolombiane e in particolare la civiltà degli Inca, le superpotenze, l’inverno nucleare dopo il fallout, l’esplorazine spaziale) con gli stereotipi culturali sui gruppi etnici o nazionali. Dà questa amalgama ha origine a una congerie di personaggi eroicomici, inclusi topi, robot, una telepate, un supercalcolatore, uno scenziato nucleare caduto in disgrazia, un ragazzino geniale e dei funzionari buroculopiatti.
Come ha dichiarato Benni, Terra! è «un ringraziamento al mondo dell’immaginazione» e, allo stesso tempo, un libro sulla catastrofe climatica che, negli anni Ottanta, era già argomento affrontato da scrittori di fantascienza e scienziati. La storia inizia nel 2156, in un mondo sepolto sotto il ghiaccio dopo il fallout nucleare. Il nuovo assetto mondiale comprende gli Amerorussi, la Sineuropa e l’Impero Militare Samurai, che si sfideranno per raggiungere un nuovo pianeta ospitale, mentre strane iscrizioni Inca sembrano anticipare l’esito del viaggio interstellare.
Come Apuleio o Petronio, anche Benni fa ricorso alla trama di ventura, al viaggio, ma lo arricchisce con l’incombente minaccia dell’estinzione del genere umano, con un assetto geopolitico imprevisto, così quando il cacciatore di comete Van Cram il Vichingo invia un messaggio incompleto sul possibile avvistamento di un mondo ospitale, sulla Terra si scatena la competizione tra le potenze. Il romanzo è una danza di battute pronte e linguaggi ben differenziati, di caratterizzazioni geniali e trovate divertenti, sempre sorrette da una lingua ricca, vivace e da una trama avvincente con un colpo di scena appagante.
Un’autobiografia
Benni nasce nel 1947 a Bologna ma la sua infanzia è sulle montagne dell’Appennino, dove fa le prime scoperte letterarie, erotiche e politiche. Il soprannome Lupo nasce qui, per la sua abitudine di girare di notte ululando insieme ai suoi sette cani.
Fonte: Sito ufficiale di Stefano Benni
Nota: Nella sua autobiografia si legge che, tra le opere che ha scritto, la sua prediletta è Blues in sedici. Ballata della città dolente, un testo concepito per essere letto in pubblico, tant’è che per molti anni Benni lo ha portato in scena, accompagnato dall’amico musicista Paolo Damiani. La storia che ci racconta è ispirata a un tragico ed eroico fatto di cronaca e il testo ricalca lo stile dei poemi omerici, e li richiama in alcune sfumature e riferimenti, passando in rassegna, uno ad uno, le persone coinvolte nella vicenda, come nei poemi dell’epica classica si passavano in rivista gli eroi.
Come anticipato, la raccolta di racconti Bar Sport è il primo libro divertente di Stefano Benni. Secondo quanto riportato nella biografia che compare nel suo sito, Benni lo ha scritto tra un picchetto e un piantone. È un libro divertente annoverato tra i classici della narrativa umoristica italiana. Fin dagli esordi la comicità di Benni nasce dall’osservazione del costume e dei rituali di un quotidiano che conserva le pratiche anche quando hanno perduto la loro funzione e il loro significato. Celebre, a tal proposito, il racconto La Luisona, che ha per protagonista la decana delle paste: queste paste, nell’espositore sul bancone, vecchie e rapprese, non hanno più la funzione di cibarie, ma sono come cariatidi che sorreggono l’identità di quel tempio che è il bar.
La descrizione diretta, o la situazione paradossale e surreale, consentono a Benni di lacerare quanto c’è di più ordinario, per far emergere l’accettata e rassicurante assurdità della normalità. Cambi di prospettiva sugli stereotipi, esilaranti aneddoti, una schiera di personaggi/persone che sembrano incredibili, ma in cui tutti riconosciamo qualcuno che fa parte della nostra esperienza. Quello di Benni, dunque, è un umorismo mai sguaiato, non ricorre al sarcasmo o alla comicità più spicciola.
Tematiche: catastrofe climatica, satira di costume, satira politica, fantascienza umoristica, cronaca nera
Risorse web: Il sito web dell’autore Stefano Benni; un video di Feltrinelli su YouTube dove Stefano Benni parla di Terra!
Terry Pratchett (Beaconsfield, 28 aprile 1948 – Broad Chalke, 12 marzo 2015) | Inglese | La luce fantastica (Fantasy umoristico, Romanzo satirico)
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Terry Pratchett, La luce fantastica, Salani, 2016, pp. 228, EAN: 9788869187896
Douglas Adams (Cambridge, 11 marzo 1952 – Santa Barbara, 11 maggio 2001) | Inglese | Guida galattica per autostoppisti (Fantascienza umoristica, Parodia)
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Douglas Adams, Guida galattica per autostoppisti (il ciclo completo), Mondadori, 2016, pp. 844, EAN: 9788804666851
Christopher Moore (Toledo, 1 gennaio 1957) | Inglese | Il vangelo secondo Biff (Romanzo parodico)
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Christopher Moore, Il vangelo secondo Biff, amico d’infananzia di Gesù, Elliot, 2018, pp. 432, EAN: 9788869936319
«Dio è un autore di commedie il cui pubblico ha paura di ridere».
Voltaire, exergo riportato da Christopher Moore, Il vangelo secondo Biff
Alessandro Bergonzoni (Bologna, 21 luglio 1958) | Italiano | Nel (Satira costruita con idiomatismi, anfibologie e giochi linguistici)
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Nella sua Grammatica della fantasia, Gianni Rodari esortava i lettori a giocare con la lingua per stimolare la creatività. Alessandro Bergonzoni è diventato indiscusso maestro in questa abilità, che usa per creare monologhi comici in cui alterna idiomatismi (frasi idiomatiche, modi di dire codificati in una lingua, che hanno un significato non letterale, ad esempio, menare il can per l’aia per indugiare, ridere a crepapelle per ridere molto, dormire sugli allori per starsene compiaciuti e inoperosi); locuzioni polirematiche (costituite da elementi lessicali inscindibili, che in tale forma unitaria acquistano un significato specifico, come ad esempio macchina da scrivere, doppio senso, gatto delle nevi); metafore, polisemie, paradossi e proverbi. Bergonzoni mescola questi elementi, raccontando episodi del quotidiano, compiendo un’operazione di «riduzione all’assurdo» e lasciando così emergere non solo i tranelli della lingua, ma anche quelli della cultura. L’effetto di straniamento a cui conducono i sui incalzanti accostamenti sprigionano ilarità e cambi repentini di prospettiva sui temi.
Il meccanismo è apparentemente semplice: «Nel linguaggio corrente – scrive Gianni Rodari – noi usiamo molte metafore consumate come vecchie scarpe. Parliamo di un orologio che spacca il minuto, e non proviamo alcuna sorpresa, perché abbiamo già usato o sentito usare quell’immagine cento volte» (Gianni Rodari, Grammatica della fantasia, Einaudi Ragazzi, 2010, p. 127).
Gianni Rodari, Grammatica della fantasia, Einaudi Ragazzi, 2010, pp. 187, EAN: 9788879268332
Su Gianni Rodari qualcuno osserverà che era noto per la produzione destinata ai ragazzi. Vero. È l’unico scrittore italiano ad aver vinto il Premio Hans Christian Andersen. È altrettanto vero che, come ricorda Marcello Argilli, il primo libro che Rodari pubblicò, nel 1951, fu un libro pedagogico intitolato Il manuale del pioniere, un libro che suscitò l’indignazione del mondo cattolico, al punto che in alcune parrocchie venne dato alle fiamme (Marcello Argilli, Gianni Rodari. Una biografia, Torino, Einaudi, 1990 ISBN 8806117017, pp. 64-65). Non importa quali siano i meccanismi della comicità, se «l’errore» che genera «il sorriso di superiorità», «le metafore consumate» o «l’nserimento di un personaggio banale in un contesto per lui straordinario», l’autore può affrontare tematiche sensibili e ambire ad uno scopo educativo e anche satirico e «dissacrante dell’autorità».
Solo si deve prestare attenzione a non applicare il metodo a ciò che è nuovo, diverso, altrimenti svolge una funzione conservatrice: «Sta qui – scrive Rodari – l’origine di un comico reazionario che si ride del nuovo, dell’insolito, dell’uomo che vuol volare come gli uccelli, delle donne che vogliono far politica, di chi non pensa come gli altri, non parla come gli altri, come vogliono le tradizione e i regolamenti… Perché quel riso abbia una funzione positiva, bisogna che la sua freccia colpisca piuttosto le idee vecchie, la paura di cambiare, il bigottismo della norma. I personaggi sbagliati del tipo anticonformista, nelle nostre storie, debbono avere successo (…)» (ibidem, p. 127).
Nel 2008 e nel 2009, Bergonzoni è stato chiamato a tenere delle lectio magistralis al Festival della Filosofia di Modena-Carpi-Sassuolo; sempre nel 2009 ha parlato alla Oxford University Italian Society.
Alessandro Bergonzoni, Nel, Garzanti, 2011, pp. 80, EAN: 9788811670391
Sito web dell’autore: molte risorse, articoli, informazioni sugli spettacoli sono disponibili nel sito di Alessandro Bergonzoni.
Altro: Spettacolo NEL (completo) su YouTube.
David Foster Wallace (Ithaca, 21 febbraio 1962 – Claremont, 12 settembre 2008) | Inglese | Infinite Jest (Romanzo satirico e distopico)
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David Foster Wallace, Infinite Jest, Einaudi, 2016, pp. 1296, EAN: 9788806232474
«Infinite Jest è un’opera davvero spettacolare, capace di intossicarvi con la sua comicità e la sua inesauribile inventiva, ma anche di disintossicarvi con pagine di profonda e lucida tristezza.» Jonathan Franzen
Paul Beatty (Los Angeles, 9 giugno 1962) | Inglese | Lo schiavista (Romanzo satirico tra i libri più belli da leggere)
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Nel 2016 Paul Beatty, un Master of Fine Arts in scrittura creativa presso il Brooklyn College e un Master of Arts in psicologia presso l’Università di Boston, ha vinto il National Book Critics Circle Award e il Man Booker Prize per il suo romanzo Lo schiavista (The Sellout). Professore associato nel corso di Scrittura alla Columbia University, Beatty ha esordito come poeta ed è approdato alla fiction grazie a un premio vinto in un concorso di poesia che prevedeva la pubblicazione di un romanzo.
Lo schiavista si apre con la marea di una retorica nazionalista, che si ritira lasciando sulla battigia i relitti, le carcasse e le minutaglie del sogno americano. Affondando nelle sabbie della religione civile statunitense, si avverte il solletico provocato da un sarcasmo amaro, da un’autoironia dolente. Si inizia dalle colonne doriche di Washington D.C., dove il nostro protagonista Afroamericano fatica a confondersi nel mezzo di quanto definisce l’«hajj dei bifolchi in jeans colmi di patriottismo» (ndA – l’Hajj è il pellegrinaggio alla Moschea della Mecca).
Alzo la pipa verso di lui [ndA – verso l’effige di Confucio] e gli offro una boccata; il viaggio più lungo inizia con un unico tiro…
Paul Beatty, Lo schiavista
«Quella stronzata del viaggio più lungo è di Lao Tze», mi dice.
«Voi bastardi poeti filosofi mi sembrate tutti uguali», gli rispondo.
Allo zoo di Central Park due di questi lo guardano accanto al gorilla, lo paragonano all’animale, lo deridono, poi uno di loro si scusa: … guardi, non è come sembra… alcuni dei miei migliori amici sono scimmie.
Paul Beatty, Lo schiavista, Fazi Editore, 2016, pp. 370, EAN: 9788876259418
Washington D.C., insomma, è «un lapsus freudiano, un’erezione di cemento per i fatti e i misfatti dell’America», un paese in cui, come nell’antica Roma, «o sei un cittadino o sei uno schiavo». Queste sono le prime tre pagine. Solo le prime tre pagine per addentare un boccone amaro e irresistibile. Il nostro eroe si trova ammanettato alla Corte Suprema. Il suo legale, Hampton Fiske, è uno che si prende cura solo dei dannati della terra, «gente troppo povera per permettersi la TV via cavo e troppo stupida per capire che in realtà non si perde niente». Paul Beatty incide con intelligenza, erudizione, vasta cultura, partecipazione e naturalmente sarcasmo.
Così l’educazione infantile del protagonista è ispirata agli esperimenti sulla paura di Watson, con il padre che invece di associare cavie a rumori molesti, mette nella culla del bambino automobiline giocattolo della polizia, spille repubblicane e l’Economist per poi sparare dei colpi in aria urlando «Tornatene in Africa negro!» con le note di Sweet Home Alabama sullo sfondo (un omaggio ad Anthony Brugess e Arancia Meccanica, ma anche una dose degli studi di psicologia dell’autore, visto che poi viene citato anche un esperimento di Milgram sull’obbedienza e il caso di Kitty Genovese e l’effetto spettatore). Lo schiavista, non è semplicemente un romanzo umoristico, è uno dramma percepito in uno spazio comico, colto, libero.
(…) in realtà i neri pensano veramente nello stesso modo. Non lo ammetteranno mai, ma ciascuno di loro è convinto di essere meglio di qualunque altro nero. Non ho mai ricevuto risposta dalla National Association for the Advancement of Colored People o dalla Urban League, perciò il credo nero esiste solo nella mia mente, in impaziente attesa di un movimento, una nazione e, immagino, dato che ai giorni nostri il brand è tutto, di un logo.
Paul Beatty, Lo schiavista
L’abilità di Beatty è pantagruelica: rimandi al latino, al diritto, al sapere ingenuo, alla storia, alle subculture, tutto doviziosamente esperito con la qualità di chi sembra averne fatto esperienza e la genialità di chi conosce l’arte combinatoria per sprigionare effetti esilaranti. L’idea del libro parte dalla natura stessa del comico: l’inversione in cui un Nero ha violato «i sacri principi del tredicesimo emendamento possedendo uno schiavo». A raccontare la propria storia è il protagonista, un novello spassosissimo prometeo, impastato d radicalismo afroamericano, con una spruzzata di Holden Caulfield, Huckleberry Finn e Patrick Bateman, che attraversa la cultura di massa, dai riflettori agli scoli, armato di tomahawk per disossare il totemico animale americano.
Shalom Auslander (New York, 10 gennaio 1970) | Inglese | Mamma per cena (Romanzo satirico)
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Cresciuto nel quartiere ebraico ortodosso di Monsey (New York), Shalom Auslander continua a ricrearlo nei suoi testi, in un misto di narrazione autobiografica e parodica, beffandosi del giudaismo, delle sue tradizioni e della halakha (legge ebraica). Per alcuni nichilista, per altri esistenzialista, di se stesso ha dichiarato soltanto di essere stato cresciuto «come un vitello» e di essersi trasferito a Los Angeles perché è «uno schmuck» (schmuck è una parola yiddish che prestata all’inglese americano ha il significato di tonto, ma che in origine significa pene; una buona resa in Italiano potrebbe essere cazzone).
Scrive libri divertenti, non c’è dubbio, il tono è sempre umoristico, ma lo stile varia molto. Spazia dal black humour, alla saggistica, genere in cui, per alcuni, ricorda David Sedaris. La costante presenza della cultura Haredi ebraica, sia come prospettiva da cui osservare il mondo, sia come mondo archeologico da cui prendere le distanze, conferisce alle sue opere anche una dimensione di memorialistica. Auslander, però, non scrive autofiction. Fin dai suoi esordi i suoi libri umoristici si possono inserire, in chiave parodistica, nel genere utopistico – com’era nello stile di Jonathan Swift – o essere affiancati a testi del genere ucronico. Con Il lamento del prepuzio, richiama Lamento di Portnoy di Philip Roth e con il suo esordio letterario Hope: A Tragedy – non tradotto in Italiano – racconta di Solomon Kugel, un uomo che acquista una fattoria nella cittadina rurale di Stockton, New York, dove si trasferisce per chiudere con il passato, e si ritrova in soffitta un’anziana e sboccata Anne Frank. Con questo esordio, nel 2013, è stato finalista al Thuber Prize e ha vinto il Jewish Quarterly-Wingale Prize.
Il romanzo Mamma per cena racconta, invece, la storia di una famiglia di Cannibali-Americani che si è integrata nella cultura statunitense. Il problema sorge quando, in ossequio alla tradizione di mangiare i loro defunti, viene a mancare la madre. Una commedia neri sui costi delle politiche identitarie e il peso della tradizione sul cambiamento sociale e l’integrazione. È stato definito dal Pubishers Weekly una «riottosa dissezione della formazione culturale», mentre Booklist ha parlato di «una brillante satira sul tribalismo». Nel Wall Street Journal, Sam Sacks ha scritto: «Ognuno ha un’idea diversa su cosa sia divertente e, per me, lo standard aureo è l’umorismo nero ebraico – più è masochista e affronta i propri taboo, meglio è.
Questo genere di umorismo è oggi raro – l’omolagazione culturale e l’imperante panico morale sul fatto di poter offendere qualcuno, rendono queste pubblicazioni simili a samizdat – ma per fortuna noi abbiamo Shalom Auslander (Nota: per samizadt si intende una pubblicazione clandestina ad opera di dissidenti; queste pubblicazioni erano tipiche dell’Unione Sovietica, a cavallo tra gli anni Cinquanta e Sessanta; la parola russa samizadt significa “pubblicato in proprio”).
Nel Regno Unito, il libro ha riscosso unanimi consensi, meritando l’apprezzamento del noto critico Stuart Kelling che non ha esitato a definirlo «il lavoro di un genio» (Fonte: The Scotsman).
Shalom Auslander, Mamma per cena, Guanda, 2022, pp. 312, EAN: 9788823528260
Dunque cosa aggiungere su Mamma per cena? È una leccata al francobollo della diversità, da appiccicare sull’invito all’inclusione dei Cannibali-Americani. Auslander inventa questo gruppo sociale (i Cannibali-Americani), per mostrare quanto vi sia di umano e quanto non sia, invece, strumentale nelle pratiche con cui la società alimenta le illusioni.
I Cannibali-Americani sono, dunque, la rappresentanza di ogni altra discriminazione e il genere umano non è altro che un branco di ominidi che, appena comparsi nella Rift Valley, si stavano già talmente sui coglioni da pensar bene di svignarsela subito in ordine sparso.
Auslander porta agli esiti più logici, con un brillante effetto satirico, la dinamica del rapporto tra identità e appartenenza, i flussi migratori, la mixité delle nuove generazioni. L’autore è come un sociologo che capeggia una rivolta travestito da saltimbanco, e la rivolta serve ad aprirci gli occhi sulle contraddizioni delle nostre società, sulle rivendicazioni divisive e i pregiudizi, sulla ricchezza e l’ipocrisia, sui molti volti della violenza.
I dialoghi sono brillanti, la scrittura lineare, le immagini scorrono rapide, ingegnose. La trama è un pretesto e, a volte, qua e là, si percepisce un risvolto forzato, ma la numerosità e l’originalità delle riflessioni di Auslander meritano certamente la lettura. Perlomeno da parte di chi ha un debole per la scrittura umoristica e l’arguzia della cultura ebraica.
Approfondimento: Una recensione su The Guardian di Hope: a tragedy.
Canale YouTube: Auslander ha aperto un canale YouTube dove parla di buone lezioni da un pessimo Dio: Ungodly
Manuel Righele (Malo, 16 agosto 1974) | Italiano | Un maledetto lavoro (Fantasy umoristico, Romanzo satirico)
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Manuel Righele, Un maledetto lavoro, StreetLib, 2022, pp. 303, EAN: 9791221335071
«Chi ha il coraggio di ridere, è padrone degli altri come chi ha il coraggio di morire».
Giacomo Leopardi, Zibaldone 23 – IX – 1828
Wikipedia, nella versione inglese, offre un ampio e dettagliato elenco di autori considerati satirici e di opere satiriche: List of satirists and satires. Elenca, inoltre, riviste, programmi televisivi e altre forme d’intrattenimento satirico. La selezione è divisa per periodo storico, è vasta, ma non completa, concentrandosi nella produzione relativa alla cultura occidentale. Manca, ad esempio, Gennai Hiraga. Un’altra fonte interessante è la classifica della BBC sui 100 libri che i lettori anglosassoni apprezzano di più.