LIBRI DIVERTENTI / SCRITTORI UMORISTICI
L’altro medioevo e l’avvento della modernità Giullarate, Plateatici e Commedie moderne
Cortei variopinti, l’inversione carnascialesca, buffonate ardite e colte, lo spirito buffo che Bachtin illustrerà con grande abilità nei suoi saggi. Un elenco di scrittori umoristici.
12 SCRITTORI UMORISTICI CLASSICI E MODERNI (in questa pagina) Boccaccio / Chaucer / Macchiavelli / Rebelais / Croce / Tassoni / Moliére / Wilmot / Swift / Montesquieu / Voltaire / Goldoni / Alfieri
9 SCRITTORI UMORISTICI DELL’ANTICHITÀ (Visita la pagina): Omero / Aristofane / Menandro / Nevio / Plauto / Orazio / Petronio / Giovenale / Apuleio
13 AUTORI UMORISTICI DEL IX SECOLO (Visita la pagina dedicata)
Gogol’ / Dickens / Twain / Wilde / Shaw / Jerome / Čechov / Pirandello / Hašek / Savinio / Duff / Huxley / Campanile
29 SCRITTORI UMORISTICI CONTEMPORANEI (Visita la pagina dedicata)
Gibbons / Waugh / Warren / Guareschi / Wilson / Lewis / Vonnegut / Meneghello / Durrell / Heller / Fo / Richler / Villaggio / Roth / Allen / Tootle / Pynchon / Paasilinna / Ovadia / Lewycka / Benni / Pratchett / Adams / Moore / Bergonzoni / Wallace / Beatty / Auslander / Righele
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di Manuel Righele
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Scrittori umoristici Classici e Moderni | VII – XVIII Secolo d.C.
INDICE DEGLI AUTORI
Giovanni Boccaccio (1313 – 1375, Italia)
Geoffrey Chaucer (1343 – 1400, Inghilterra)
Niccolò Macchiavelli (1469 – 1527, Italia)
François Rabelais (1483 1494 – 1553, Francia)
Giulio Cesare Croce (1550 – 1609, Italia)
Alessandro Tassoni (1565 – 1635, Italia)
Molière (Jean-Baptiste Poquelin; 1622 – 1673, Francia)
John Wilmot (Conte di Rochester, 1647 – 1680, Inghilterra)
Montesquieu (Charles-Louis de Secondat, 1689 – 1755, Francia)
Voltaire (François-Marie Arouet, 1694 – 1778)
Carlo Goldoni (1707 – 1793)
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Niccolò Macchiavelli (Firenze, 3 maggio 1469 – Firenze, 21 giugno 1527) | Italiano Fiorentino | La Mandragola (Commedia)
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Niccolò Macchiavelli fu, al pari di Leonardo da Vinci, un uomo dotato di quel particolare intelletto, versatile, pratico e completo che gli antichi greci definivano μῆτις (mḕtis – ingegno) e che l’umanesimo conferì all’uomo universale. Macchiavelli fu un drammaturgo, un filosofo, un diplomatico, uno storico e viene considerato l’iniziatore della Scienza Politica. La sua opera più nota è Il Principe, in cui per primo espone il concetto di ragion di stato, ma la Mandragola, commedia di stampo satirico, non è da meno.
(…) et la seule Mandragore de Machiavel vaut peut-être mieux que toutes les pièces d’Aristophane.
Voltaire, Essai sur les mœurs et l’esprit des nations
(…) la sola Mandragola di Machiavelli vale forse più di tutte le commedie d’Aristofane.
Considerata da molti il capolavoro del teatro cinquecentesco italiano e da alcuni la più grande commedia della letteratura italiana, la Mandragola è stata pubblicata nel 1524 ed è uno dei libri italiani da leggere assolutamente. Mentre nelle corti di Ferrara, Mantova e Urbino, prendeva piede la nuova commedia, a Firenze perduravano ancora le forme quattrocentesche. Alcuni critici pensano, dunque, che Macchiavelli prese ispirazione dalla Calandra di Bibbiena, dato che la scena seconda del quarto atto della Mandragola è affine all’ottava del secondo atto della Calandra.
Niccolò Machiavelli, La Mandragola. BUR, 2010 , ISBN 9788817042697
È possibile che Macchiavelli iniziò a scriverla per ragioni economiche. Nel 1513, dopo la caduta della Repubblica e il ritorno dei Medici a Firenze, fu espulso dalla cancelleria e condannato per aver cospirato contro la potente famiglia. Venne così incarcerato a Sant’Andrea, in Percussina e solo per la grazia concessagli dai Medici ebbe risparmiata la tortura e il resto del periodo di reclusione.
Rimase, però, privo di occupazione e senza emolumenti, così è probabile che, per far fronte alla situazione di indigenza, pose mano all’opera. Vi sono alcune evidenze rilevate da Ezio Raimondi, da cui si desume che l’opera sia stata scritta in quelle circostanze: il contenuto della corrispondenza epistolare che, in quegli anni, si scambiarono Macchiavelli e Vettori, ambasciatore fiorentino a Roma e unico amico che gli era rimasto, hanno più di qualche affinità con le tematiche della commedia.
Callimaco: (…) che io, lasciato ogni altra deliberazione, né pensando più alle guerre o alle pace d’Italia, mi messi a venire qui: dove arrivato, ho trovato la fama di madonna Lucrezia essere minore assai che la verità, il che occorre rarissime volte, e sommi acceso in tanto desiderio d’esser seco, che io non truovo loco.
Macchiavelli, Mandragola, Atto I, Scena II
La storia si svolge a Firenze nel 1504. La vicenda muove da un desiderio che mette in moto Callimaco: il giovane vuole Lucrezia, ma la donna concupita è la sposa di un ricco babbeo, lei è virtuosa e suo marito ricco e mansueto, però i due non hanno figli e questo è l’ordito che userà Ligurio per tessere l’intrigo, l’intreccio che porterà alla mandragola, una pianta afrodisiaca e usata fin dall’antichità per curare la sterilità, da cui prende il titolo la commedia.
Mandragola o mandragora
È un genere di piante della famiglia delle Solanaceae, di cui oggi si conosce il potere anestetico. Descritta anche da Ippocrate, la forma antropomorfa delle sue radici (nella variante maschile e femminile), ha dato vita al mito legato ai suoi poteri afrodisiaci e al suo impiego in pozioni per la fertilità. Nel corso della storia la mandragora compare associata all’alchimia, alla stregoneria, persino alle superstizioni e alle credenze popolari. Macchiavelli, nella sua opera, riporta di come anche solo dissotterrarla costituisse, secondo la vulgata, un potenziale rischio e che il modo più sicuro per coglierla fosse legarla al laccio di un cane e lasciarlo poi libero, in modo tale che, strattonando la corda, l’animale sradicasse d’un colpo la pianta e la strozzasse, troncando il suo lamento.
La commedia presenta una schiera di personaggi che vanno dall’ottuso marito di Lucrezia, Nicia, allo scroccone Ligurio, che svolge il ruolo che fu del servus callidus in molte commedie di Plauto. Se Nicia rappresenta l’ottusità delle famiglie fiorentine, che nascondono nella tradizione una cultura vetusta e miope e che per darsi un tono usano il latino, Ligurio mostra il lato corruttibile della città, ripreso n maggior misura da un altro personaggio: frate Timoteo, che per giunta è un uomo di chiesa.
Quando Nicia millanta di aver visto il mondo, Ligurio usa a suo vantaggio questa vanagloria e, con sottile ricorso alla manipolazione (un astuto ricorso alla psicologia inversa), gli risponde: «Io mi maraviglio, adunque – gli dice – avendo voi pisciato in tante neve, che voi facciate tanta difficultà d’andare ad uno bagno» (Macchiavelli, Mandragola, Atto I, Scena II). Inizia così il piano che porterà Callimaco a fingersi dottore, a comminare la pozione di mandragola, con quel che ne conseguirà.
Approfondimenti: PDF dell’edizione Einaudi della Mandragola di Niccolò Macchiavelli.
Tematiche: inganni, amore, ricchezza, commedia
Carlo Goldoni (Venezia, 25 febbraio 1707 – Parigi, 6 febbraio 1793) | Italiano e Veneziano | La locandiera (Commedia)
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Superficiale, mestierante, paraculo e asservito a logiche di produzione, smaliziato e opportunista, nonché parolaio modesto e triviale: non usarono queste incresciose espressioni, ma le stroncature che Francesco de Sanctis e Benedetto Croce riservarono a Carlo Goldoni, ne rifletterono ampiamente il significato. Si dovrà attendere un italianista russo, Aleksej Karpovič Dživelegov, per veder restituita una qualche dignità alla produzione goldoniana (prima di lui ci avevano provato senza grande successo Luigi Falchi ed Ernesto Masi).
Nel 1963 Dživelegov approfondì la funzione della maschera di Pantalone, ipostasi e idelatipo del mercante veneziano, considerandola il veicolo usato dal commediografo veneto, per riformare il teatro della commedia dell’arte. Non c’è da sorprendersi se al grande successo di pubblico fece da contraltare lo sprezzo dei letterati, dato che le prime critiche rivolte a Goldoni furono quelle di un suo contemporaneo, il collega drammaturgo e impresario teatrale Carlo Gozzi (autore di quella Turandot, che molti anni dopo fu scelta da Puccini per realizzare la sua ultima opera; Gozzi è anche l’autore della commedia L’amore per le tre melarance o Analisi riflessiva della fiaba che parodiava lo stile di Goldoni e gli valse un enorme successo). Di fatto, sono proprio le valutazioni negative di Gozzi che confermano il carattere riformista e innovativo dell’opera goldoniana. Gozzi accusava Goldoni:
- di mancare di eleganza nei testi e di «ricopiare materialmente e trivialmente» la realtà;
- di non aver censurato lo sconveniente, ma di averlo messo in scena secondo il principio che «la verità piace sempre»;
- di aver rappresentato la nobiltà mostrandone comportamenti iniqui e ridicoli e di aver mostrato la plebaglia viziosa come degna;
- di far prevalere il vizio sulla virtù;
- di essersi, con queste astuzie, ruffianato il popolo «sempre sdegnoso col necessario gioco della subordinazione»;
- di non aver nessuna moderazione, né misura compositiva, limitandosi ad ammassare scene che altro non sono che un susseguirsi di verità «goffe e fangose» che pur essendo divertenti, umiliano il teatro per la loro volgarità;
- di essersi guadagnato da vivere con l’attività di drammaturgo e scrittore.
Di fatto, Goldoni si allontana dalla recitazione a soggetto su canovaccio, tipica della commedia dell’arte, e predilige un copione definito. Lo fa perfino stampare e circolare, rivolgendosi a un pubblico diverso e più ampio rispetto a quello che frequenta i teatri. I suoi testi sono ricchi di facezie, battute rapide e tranchant, l’eloquio è quello del quotidiano con frasari che pescano nella concretezza degli oggetti, delle azioni, con un lessico popolare, lontano sia dai manierismi formali che dagli estetismi della letteratura.
Lontano anche dai temi tradizionali, Goldoni non subisce l’influsso delle tendenze e non disdegna di recuperare le maschere e i registri festanti e spontanei della commedia dell’arte, per esprimere la sua idea di teatro come strumento pedagogico, che deve, però, saper conquistare gli spettatori senza moraleggiare.. Le sue commedie sono, così, pervase da una comicità vitale e solidale, eleggono il popolo operoso come depositario d quei valori che la classe borghese ha perduto..
Carlo Goldoni, La locandiera, Feltrinelli, 2021, pp. 144, EAN: 9788807904042
La locandiera, rappresentata per la prima volta nel dicembre del 1752 a Venezia, è la commedia più nota e fortunata di Goldoni. La vicenda narra di Mirandolina che conduce, a Firenze, una locanda. Smaliziata, compiacente, ma avveduta, Mirandolina si muove tra gli avventori da cui è corteggiata, concedendosi quel poco che basta per tener vive le illusioni. Quando entrano in scena i due contendenti principali, il Marchese di Forliopoli (nobile di spada, di antica origine) e il Conte di Albafiorita (nobiltà di toga, ottenuta per aver offerto servigi) la storia si fa più interessante, ma sarà l’arrivo del misogino Cavaliere Ripafratta e dell’alterigia con cui umilia Mirandolina, che accende in in lei il desiderio di sedurlo per vendicarsi delle umiliazioni subite
Approfondimenti: A questo link è disponibile un’interessante sintesi di critica goldoniana.
Tematiche: prepotenza, astuzia, misoginia, inganni, desiderio, seduzione,
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L’excursus sulla storia della letteratura umoristica, le commedie e gli autori che hanno scritto opere divertenti continua con questi autori e libri da leggere di natura satirica